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MA LE CARTELLE ESATTORIALI SI PRESCRIVONO ? SI CERTAMENTE;  PERO ATTENZIONE A……. 

PREMESSA 

Oramai stiamo ricevendo centinaia  di richieste,  per comprendere quando e se le cartelle esattoriali vanno in prescrizione.

Logicamente dobbiamo fare una premessa, per poi illustrarvi in modo dettagliato questo spigoloso argomento, capiamo cosa sia una cartella esattoriale: Una cartella esattoriale è un atto con cui l’agente della riscossione richiede il pagamento di un debito tributario o non tributario. Il termine per pagare la cartella è di 60 giorni dalla notifica. Se il debitore non paga entro il termine, l’agente della riscossione può avviare le procedure esecutive, come il pignoramento dei beni o dello stipendio. La prescrizione delle cartelle esattoriali è oggetto di forte interesse in tema di diritto tributario. Infatti nel 2019 sono state molte le sentenze della Corte di Cassazione e gli orientamenti giurisprudenziali che hanno modificato la normativa nell’ambito dell’analisi delle cartelle esattoriali. Una cosa è certa. Se ognuno di noi controllasse le proprie cartelle esattoriali, sicuramente molti dei debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione scomparirebbero.

Perché?

Per effetto della prescrizione.

Prescrizione delle cartelle esattoriali: cosa significa

Le cartelle esattoriali vanno in prescrizione quando scade la loro efficacia e dunque il debito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate o di altro ente creditore non è più dovuto.

Ma la prescrizione di una cartella esattoriale è così automatica? 

Ovviamente no.

Innanzitutto la durata della prescrizione di una cartella esattoriale varia dai 3 ai 10 anni, a seconda della tipologia di debito da pagare, e deve, in ogni caso, essere dichiarata e riconosciuta da un tribunale, altrimenti non è effettiva. Ecco perché spesso è necessario un intervento legale. Innanzitutto la durata della prescrizione di una cartella esattoriale varia dai 3 ai 10 anni, a seconda della tipologia di debito da pagare, e deve, in ogni caso, essere dichiarata e riconosciuta da un tribunale, altrimenti non è effettiva. Ecco perché spesso è necessario un intervento legale. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate e Riscossione ha tutto l’interesse ad agire per interrompere la prescrizione e prolungare l’efficacia del pagamento della cartella esattoriale.

Quali sono gli strumenti più comuni che può utilizzare l’Agenzia delle Entrate e Riscossione per farlo?

–      la cartella di pagamento;

–      l’intimazione di pagamento;

–      la lettera di diffida o di messa in mora;

–      il preavviso di fermo;

–      il preavviso di ipoteca;

–      il pignoramento.

Dunque, l’Agenzia delle Entrate può interrompere i termini di prescrizione originari con un atto esecutivo e il calcolo della prescrizione ricomincia da capo. Questo significa che, in linea teorica, il debito non scade mai, cioè non va mai in prescrizione ogni volta che il creditore agisce nei confronti del soggetto debitore con uno degli atti esecutivi suddetti.

Interruzione della prescrizione delle cartelle esattoriali: cos’è?

L’interruzione di prescrizione è proprio il meccanismo attraverso il quale l’Agenzia delle entrate e Riscossione interrompe il termine originario di prescrizione di una cartella esattoriale con un atto esecutivo. L’atto esecutivo causa un prolungamento della prescrizione della cartella di pagamento, che inizia a decorrere da capo, dalla data in cui il contribuente riceve la notifica dell’atto esecutivo.

Facciamo un esempio: l’INAIL.

La prescrizione di una cartella di pagamento relativa al contributo INAIL  è di 5 anni. Supponiamo che tale debito scada il 1 dicembre 2019 e che il 30 novembre dello stesso anno il contribuente riceva un atto esecutivo che ne sollecita il pagamento. In questo caso, la prescrizione ricomincerà a valere a partire dal 1 dicembre 2019 per altri 5 anni, dunque fino al 1 dicembre 2024. Se l’Agenzia delle Entrate si ricordasse di interrompere periodicamente la prescrizione di una cartella esattoriale (cosa che succede difficilmente), il debito del contribuente si prolungherebbe all’infinito e potrebbe coinvolgere anche gli eredi.

Differenza tra prescrizione e decadenza

Non bisogna però confondere la prescrizione con la decadenza.

Infatti la prescrizione è il termine ultimo entro il quale l’Agenzia delle Entrate e Riscossione deve agire per richiedere la riscossione di una cartella esattoriale. Oltrepassato tale termine, qualsiasi atto esecutivo inviato da parte dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione sarà illegittimo. La decadenza, invece, è il termine entro il quale l’Agenzia delle Entrate deve notificare la cartella di pagamento. Nel caso del bollo auto, la notifica di pagamento decade dopo due anni, per cui una notifica di pagamento giunta nel 2019 per un bollo auto del 2014 è da considerarsi nulla e illegittima. La decadenza però non comporta l‘estinzione del debito ma l’estinzione dell’azione di notifica da parte dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione. Infatti, se l’Agenzia delle Entrate decade dalla riscossione ma il debito non è ancora in prescrizione, può comunque pretenderlo in via giudiziaria, attraverso una causa davanti al giudice. Detto in altri termini, se la notifica di pagamento della cartella esattoriale arriva dopo il termine di decadenza, ma prima del termine di prescrizione, la cartella è comunque nulla (perché sono scaduti i termini per riscuotere mediante ruolo) ma il credito è ancora esigibile da parte dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione.

Cartelle esattoriali: quando vanno in prescrizione?

Come già accennato in precedenza, i termini di prescrizione delle cartelle esattoriali sono differenti e variano a seconda del tipo di debito. Se una cartella esattoriale contiene al suo interno debiti differenti, i termini di prescrizione sono da considerarsi singolarmente. Per cui una parte della cartella andrà in prescrizione prima rispetto all’altra a seconda dei debiti in essa contenuti. Vediamo nel dettaglio, tributo per tributo, quando vanno in prescrizione le singole cartelle esattoriali:

–      Irpef: 10 anni

–      Iva: 10 anni

–      Ires: 10 anni

–      Irap: 10 anni

–      Contributi Inps: 5 anni

–      Contributi Inail: 5 anni

–      Imposta di bollo: 10 anni

–      Imposta di registro: 10 anni

–      Imposta catastale: 10 anni

–      Canone Rai: 10 anni

–      Contributi Camere di Commercio: 10 anni

–      Tosap: 10 anni

–      Imu: 5 anni

–      Tasi: 5 anni

–      Tari: 5 anni

–      Contravvenzioni stradali: 5 anni

–      Sanzioni amministrative: 5 anni

–      Bollo auto: 3 anni

Bisogna fare delle precisazioni: la giurisprudenza ha portato delle modifiche dei termini di prescrizione, per via di sentenze formulate nell’arco del 2019. In particolare, per quanto riguarda il termine delle imposte erariali IRPEF, IRAP e IVA non c’è una norma specifica che stabilisca un termine di prescrizione di tali cartelle esattoriali. Per questo motivo, viene applicato il termine di prescrizione ordinario di 10 anni, stabilito dall’art. 2946 del Codice Civile e confermato anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza 4283/2010. Per quanto riguarda i tributi locali (TARI, TOSAP, TASI, IMU, ecc.) non esiste un termine di prescrizione stabilito da una norma specifica. In questo caso, poiché si tratta di tributi periodici, il termine di prescrizione ordinario è stabilito in 5 anni. Il termine di prescrizione quinquennale è altresì confermato dall’ art. 2948, n. 4 del Codice Civile  e dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4283/2010. Recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse anche su un altro punto: se un contribuente impugna una cartella esattoriale e perde la causa, i termini di prescrizione diventano di 10 anni, a prescindere dal tipo di debito specifico. Questo perché non viene più considerato il termine di prescrizione del tributo specifico della cartella esattoriale impugnata, ma la pubblicazione della sentenza con cui il giudice ha rigettato la richiesta d’impugnazione. Se, al contrario, non vi è alcun provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, la cartella esattoriale avrà come termine di prescrizione quello di cinque anni, come previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472.

Cosa succede se una cartella esattoriale è prescritta?

Quando una cartella esattoriale è prescritta non si può fare direttamente ricorso e chiederne l’annullamento. Quello che succede molto spesso però è che, anche se una cartella esattoriale è ormai prescritta, e dunque l’ente creditore non potrebbe più chiederne il pagamento, l’Agenzia delle Entrate manda comunque un atto esecutivo al contribuente. Questa pratica è illegittima: infatti non è possibile richiedere in alcun modo la riscossione del debito quando esso è scaduto o è andato in prescrizione. Purtroppo, però, i casi di richieste di notifica di pagamento di cartelle esattoriali ormai prescritte o, addirittura, già pagate sono tantissimi. A tal proposito, proprio per la frequenza di tali atti esecutivi illegittimi si è parlato delle cosiddette “cartelle pazze”, cioè richieste di importi da parte dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione non più dovuti dal contribuente.

Cosa si può fare in questi casi?

Se si verifica questa situazione è possibile presentare un’istanza di autotutela all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate che ha spedito la cartella di pagamento. L’istanza di autotutela è una sorta di reclamo con cui si segnala l’irregolarità della pretesa di pagamento, ma è difficile che essa venga accolta. Dunque, piuttosto che presentare un’istanza di autotutela, quello che è preferibile fare è rivolgersi a un giudice e fare ricorso entro 60 giorni dalla notifica di pagamento del debito e chiedere l’annullamento dello stesso per prescrizione.

Ovviamente il ricorso va presentato al giudice di competenza, in base alla tipologia del tributo di cui si chiede l’annullamento. Fare ricorso contro la richiesta di pagamento di una cartella esattoriale ormai andata in prescrizione significa ricorrere a un avvocato. Questa diventa spesso l’unica soluzione per ottenere un risarcimento dei danni e l’annullamento parziale o totale delle somme dovute. Infatti, l’Agenzia delle Entrate e Riscossione spesso rifiuta le istanze presentate dai comuni cittadini o, quando le  accetta, lo fa oltre i termini previsti dalla legge, di fatto facendone decadere la validità. mLe istanze devono sempre essere depositate dall’Agenzia delle Entrate e, in caso di diniego, è possibile in sede giudiziaria richiedere un risarcimento dei danni all’esattore per essere stati costretti a intraprendere una causa che, di fatto, non era necessaria.

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